IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza: allo stato della legislazione la domanda del ricorrente, intesa ad ottenere benefici previsti all'art. 1 della legge 31 maggio 1984, n. 193, va ritenuta infondata. Il ricorrente effettivamente e' stato dipendente di un'azienda rientrante nell'ambito di quelle nominativamente indicate al primo comma dell'art. 1 della predetta legge e, inoltre, ha il requisito di eta' previsto in tale disposizione. Non ha peraltro diritto al pensionamento anticipato, atteso che il momento in cui cesso' per dimissioni il proprio rapporto di lavoro, trovandosi in Cassa integrazione straordinaria, cade anteriormente alla data di entrata in vigore della legge n. 193/1984. Passndo a questo punto ad esaminare la questione di legittimita' costituzionale posta da parte ricorrente in via subordinata il pretore osserva quanto segue. Il secondo comma dell'art. 1 della legge 31 maggio 1984, n. 193, prevede due diverse situazioni, temporalmente cadenzate, cui il diritto al pensionamento anticipato risulta ancorato: a) quella di coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro dopo la data di entrata in vigore della legge, avendo alle spalle la Cassa integrazione straordinaria, nel qual caso risultano del tutto indifferenti le modalita' di cessazione del rapporto (licenziamento collettivo, licenziamento individuale, dimissioni); b) quella di coloro che hanno cessato il rapporto di lavoro dopo il 1 gennaio 1981, nel qual caso possono essere prese in considerazione soltanto determinate ipotesi di cessazione del rapporto (licenziamento per riduzione di personale, cessazione dell'impresa). Sussistono ragioni per dubitare della razionalita' di siffatta regolamentazione, la quale discrimina la posizione di coloro che sono stati licenziati per ragioni oggettive da coloro che si sono dimessi in un contesto di crisi aziendale e durante la cassa integrazione. Trattasi di situazioni del tutto omogenee, tali quindi da non giustificare la prefissione, nell'ambito della stessa legge, di due diversi termini, cui vincolare l'insorgenza del beneficio. Ne' potrebbero essere richiamate in punto le sentenze della Corte costituzionale (tra cui vedi da ultimo sentenza n. 1116 del 20 dicembre 1988), le quali hanno ritenuto rientrare nell'ambito della discrezionalita' legislativa le prefissioni di termini cui ancorare l'insorgenza di determinati benefici; le quali quindi non potrebbero dare luogo a censure di irragionevolezza. Nel caso di specie ci troviamo infatti in presenza di una disposizione legislativa che contiene, in ordine alla propria operativita', due diversi termini, che non appaiono razionalmente giustificati, tenuto conto che ad essi sono collegati situazioni del tutto omogenee.